Quando si diventa genitori, quasi
inevitabilmente si fanno solenni promesse nei confronti dei propri figli: si
promette di prendersi cura di loro (e questo mi sembra il minimo), di crescerli
in salute, di mettere da parte un gruzzoletto per gli studi o magri di
acquistare una casa per il loro futuro (visione della genitorialità molto italiana,
per non dire meridionale…).
Quando ho saputo che sarebbe
arrivata Ninni, feci una promessa. Una promessa che va al di là del prendersi
cura di un batuffolo d’amore e di crescerlo in salute (che per me è una cosa
scontata, come è scontato che il sole è giallo e la Coca Cola fa le bollicine).
Una promessa molto meno materiale rispetto a un gruzzoletto messo da parte per
gli studi (che poi, mio padre non aveva dei soldi da parte per i miei studi,
eppure, mi sono laureata lo stesso!) o a una casa per l’età adulta (e metti
caso che decida di andare a vivere a Tokyo, io cosa me ne faccio di una casa qui
per lei? Anni di sacrifici, di privazioni sia per me che per lei, per una casa
che magari non le interesserà nemmeno!).
Una promessa che per me vale tanto.
La promessa di crescerla in
costante curiosità nei confronti della vita, di amare questa stessa vita, di vivere
senza dar nulla per scontato e avventurarsi in posti, luoghi e sogni sussurrati
dal proprio cuore.
La promessa di viaggiare, perché non
si è mai troppo piccoli per farlo.