“Sant Antoni è la zona degli
stranieri – mi dicevano – lì ci trovi gli inglesi, i tedeschi e una moltitudine
indefinibile di scandinavi che non sai riconoscere perché tutti biondi”. Ed in
linea di massima è così: se a Platja d’Enbossa e Ibiza porto trovi maggiormente
italiani abbronzati con occhiali a specchio e mocassino stiloso, a Sant Antoni de Portmany ci trovi le masse bionde che fanno
il bagno in maglietta con conseguente abbronzatura a “muratore”.
Arriviamo in mattinata e ci
posizioniamo sugli scogli di Cap Negret a godere della tintarella,
mentre il resto del mondo sembra essere ancora avvolto nel torpore della notte.
Nel pomeriggio andiamo in perlustrazione e ci accorgiamo che è in corso il famoso festival “Ibiza Rock”, ascoltiamo Lenny Kravitz suonare assieme a DJ Luciano e ci dirigiamo sul lungomare. Sant Antoni gode di un mare fantastico, di modernissime strutture turistiche e di un tramonto da urlo. All’orario di aperitivo i localini si riempiono di persone in attesa dell’atmosfera senza-tempo del “saluto al sole”.
Nel pomeriggio andiamo in perlustrazione e ci accorgiamo che è in corso il famoso festival “Ibiza Rock”, ascoltiamo Lenny Kravitz suonare assieme a DJ Luciano e ci dirigiamo sul lungomare. Sant Antoni gode di un mare fantastico, di modernissime strutture turistiche e di un tramonto da urlo. All’orario di aperitivo i localini si riempiono di persone in attesa dell’atmosfera senza-tempo del “saluto al sole”.
Proprio per la sua fitta multi
etnicità, credo che Sant Antoni sia il mio posto preferito di Ibiza. Ma forse è
così solo perché non ho avuto il piacere di visitare Santa Eularia del Riu, dove
aleggia ancora l’aura dei “figli dei fiori”:
Ibiza e Formentera furono scoperte negli anni Cinquanta da pittori e
scrittori, quindi, negli anni Settanta, diventarono territorio fertile per i famosi
hippie. Oggi l’isla resta famosa per
l’atmosfera pittoresca dei “figli dei fiori”, ma di queste figure non vi è
quasi più testimonianza, se non in alcune zone di Santa Eularia: sulle ramblas
del centro ogni giorno vi sono i mercatini hippie, così come nel plesso di
Punta Arabi a Es Canar. Qui probabilmente c’è il mercatino più famoso e
vasto: ci sono pittori, tatuatori, cartomanti, musicisti e tantissimi
artigiani. E’ sicuramente un posto da visitare.
La sera ci apprestiamo a conoscere
meglio Ibiza vieja, pertanto ceniamo in uno dei ristoranti più rinomati, “La
Oliva”, che scopriamo, nostro malgrado, essere un normale ristorante turistico,
con menu fatiscente e prezzi esorbitanti. Meglio, molto meglio le tapas e la
paella delle sere precedenti: meno blasonate e pretenziose, ma molto più
saporite.
Il centro storico è diviso in due
parti: la città alta o Dalt Vila, e la città bassa col quartiere
dei pescatori Sa Penya e la zona portuale, La Marina. La parte alta è
racchiusa maggiormente in mura ed è ricca di monumenti come la Catedral de
Santa Maria de las Nieves, una chiesa che si erge su una basilica
paleocristiana, poi diventata moschea ed infine chiesa e che conserva i tratti
di tutte queste meravigliose culture. Poi vi è l’Obelisco a los Corsarios,
dedicato a corsari che combattevano le navi pirata, il Portal des ses Taules, Plaça de Espanya e il Baluard de
Sant Bernat, un torrione fantastico che offre una vista unica sulla
città e su Formentera. Fuori dalle mura è interessante visitare il Teatro
Pereira, tutt’ora in attività grazia all’esibizione di numerosi
gruppi musicali.
Da questa descrizione è facile
capire che Ibiza non è solo quello che percepiamo dai racconti dei ragazzini
galvanizzati dalle serate in disco (questi probabilmente non hanno proprio idea
che esiste un centro storico!), è molto altro: è storia, cultura, cibo e tanta
bellezza.
Il giorno seguente lasciamo il
terreno da gioco di Ibiza e ci dirigiamo alla volta di un’altra meravigliosa
isola: Formentera. I dadi sono stati lanciati nel migliore dei modi e tutti
quelli che pensavamo essere Imprevisti, si sono rivelati delle fantastiche
Probabilità. Le pedine della nostra conoscenza hanno curiosato e apprezzato
enormemente le tante opportunità dell’isola e la promessa di un ritorno con
tanto di prole al seguito è d’obbligo. Hasta pronto Evissa!
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