Qui lo dico, qui lo ammetto: sono una fanatica di telefilm
americani.
Sono preparatissima, competentissima per cui fatemi una
domanda su Beverly Hills, Gossip Girl,
The Vampire Diaries, Hart of Dixie e
saprò sciogliere ogni vostro dubbio. Anche questa è una delle cose banali del
mio essere di cui vado molto fiera.
In particolare da ragazzina adoravo Dawson’s
Creek, forse perché era la quintessenza del triangolo amoroso o perché i
dialoghi erano molto costruttivi, intelligenti o perché aveva come protagonisti
teen-agers come me, non creature soprannaturali o esponenti della borghesia
newyorkese. Non sono mai stata una grande fan di The O.C. - lo ricordate?
Quel famoso telefilm ambientato a Newport la perla dell’Orange County - proprio
perché i protagonisti erano un po’ troppo costruiti e non rispecchiavano me
stessa e le persone che ero abituata a frequentare. Ma lo guardavo lo stesso per i vestiti di Summer, le borse di Marissa, l’ironia di Seth (di
Ryan non mi piaceva proprio nulla, anzi, lo trovavo insignificante) e soprattutto perché
ero affascinata dall’Orange County. A scuola avevo imparato che la West Coast era differente
dalla East Coast per modi di vivere, di vestire (vuoi anche un po’ il clima), di fare, ma non avevo idea che fossero tanto diverse. Toh, quante cose si
possono imparare da un telefilm americano!
La mia prima volta negli USA è stata proprio a Los Angeles. Era il
Febbraio del 2008, esattamente 5 anni fa, e per un progetto lavorativo mi
trovai a fare il mio primo viaggio verso i tanto sognati Stati
Uniti d’America. L’impatto fu molto… grande!
L’aeroporto di Los Angeles, il
LAX, è davvero grosso e anche le Freeway lo sono: per ogni carreggiata ci sono almeno 4
corsie e c’è sempre traffico. Questo perché Los Angeles non ha una
metropolitana e nemmeno i paesi limitrofi (Beverly Hills, Santa Monica, Malibu…)
ce l’hanno, quindi l’auto è un must dal quale non si può prescindere. Ogni
adolescente che si rispetti deve sfoggiarla il giorno stesso in cui compie il
famigerato sedicesimo anno d’età (che poi mi chiedo: ma la patente quando la prende? Durante la notte?? Bah.) e magari parcheggiarla in uno dei cento
parcheggi posti davanti alle high-school. Inoltre i californiani non amano
guidare Smart, 500 oppure C2… no! Per carità! Strade grosse uguale macchine
grossissime! Quindi la mia visuale era occupata a scorgere il paesaggio circostante attraverso la marea di Suv che passavano davanti a me, i Suv più grossi che
esistono su questo pianeta, Suv dai nomi improponibili e dalla carrozzeria più
disparata. Per muovermi avevo un Van, che ho capito essere il cugino diretto del Suv, perché
è perfino più grosso.
Alloggiavo a Manhattan Beach, una cittadina molto carina poco
distante da Santa Monica, presso lo Shade Hotel, un Luxury-Boutique-Hotel
frequentato dall’elite della zona grazie alle serate lounge sviluppate sul Rooftop
a bordo piscina. Lo so che magari poco vi interessa dell’albergo, ma su questo
vale proprio la pena spendere due parole perché ha delle camere immense con
vasca da bagno dalle luci-cromatiche poste ai piedi del letto, angolo bar in
camera e vista sull’oceano Pacifico. Mica micio-micio bau-bau, eh? Se ci fossi
andata di tasca mia, probabilmente avrei alloggiato in un ostello, a giudicare
del prezzo dello Shade, ma a Los Angeles anche gli ostelli hanno la piscina sul
tetto per cui… Brandina sotto ai ponti e tagliamo la testa al toro.
Accanto
allo Shade c’era Le pain quotidien, una catena di ristoranti belga, la cui particolarità era il cibo Organico. Ora,
mi toccherebbe fare una digressione di due ore sull'importanza dell’Organic
nella West Coast e sulla fissa dei californiani per il mangiare e vivere in
maniera salutista, ma questo andrebbe a discapito del mio racconto per cui…
Next time!
Dato che la mia destinazione era Las Vegas, avrei dovuto riposare
per scrollarmi di dosso il jet leg, ma ero troppo curiosa di scrutare i
dintorni, quindi feci due passi fino al molo (credo che tutte le città di mare
della West Coast abbiano un molo) e mi divertii a vedere le persone che correvano,
andavano in bici, prendevano il sole, facevano surf… A febbraio! Così mi
ripromisi di fare tutte queste cose una volta tornata da Las Vegas (vabè, il surf era
stato implicitamente escluso dalla mia to-do-list).
Los Angeles – Las Vegas attraverso il deserto del Nevada è stata
un’esperienza memorabile, come già accennatovi qui precedentemente, ma ve ne
parlerò in seguito.
Rientrai a Manhattan Beach dopo 4 giorni, ma gli impegni non
erano finiti: avevo due giorni di lavoro pieni tra vari clienti della zona e la
cosa mi entusiasmava, perché univo lavoro ad esplorazione. Alcuni clienti erano
situati proprio nell’Orange County per cui una volta espletate pratiche
burocratiche di meeting e conferenze, mi potei dedicare al paesaggio. Devo
ammettere che era incantevole: case lussuosissime con piscine olimpioniche,
giardini che sembravano foreste, vialetti interminabili e cancelli in stile
fortezze rinascimentali. Davvero suggestivo, davvero lo specchio di quello che
avevo visto tramite i famosi telefilm della mia adolescenza, ma anche molto
lontano dalla mia realtà.
Lavoro a parte, gli unici momenti che potevo concedermi per
bighellonare erano di sera. La prima di queste andai a Hollywood: era fine
febbraio, due giorni dopo si sarebbero svolti i famosi Academy Awards, per cui
volevo a tutti i costi immedesimarmi nell’americano medio che brama dalla
voglia di vedere chi sono i vincitori e magari incontrare il proprio idolo per
strada. Dapprima cenai in un ristorante di sushi paradisiaco, il Sushi Roku, e poi mi diressi sulla
famosa Hollywood Walk-of-Fame.
Due lunghissimi marciapiedi, che percorrono la
Hollywood Boulevard e si estendono fino a Sunset Boulevar, costellati di stelle
a cinque punte recanti i nomi dei più famosi esponenti dello star system
americano (e non): si parte da Mel Brooks, passando per Cameron Diaz, Michael
Jackson fino a David Guetta. C’è persino una stellina per Kermit la Rana dei
Muppets (ah questi americani!).
Ad un certo punto arrivai davanti al Kodak
Theatre dove ad accogliermi c’era una gigantesca statua del famoso omino
dorato, meglio noto come premio Oscar. Sì, devo ammettere che ero emozionata!
Sia ben chiaro, ho visto cose molto più belle ed emozionanti di questa statua
color oro, ma il pensiero che dietro questo simbolo si celino film che hanno fatto
la storia e che sono anche parte della mia storia, mi emozionò un bel po’.
Passati
gli Universal Studios mi diressi a Sunset Boulevard che pullulava di gente:
attori, membri dello star-system, ragazzi con evidente conto in banca
extra-large e curiosi, come me. I più fanatici giravano in limousine: ricordo
gruppi di ragazze che urlavano dai finestrini della propria limo, scendevano
davanti ai locali nei loro abiti che lasciavano ben poco all'immaginazione e sfoggiavano
bottiglie di champagne delle griffe più disparate. Una sorta di Jersey Shore Hollywoodiano.
La seconda sera restai allo in hotel perché avevo pianificato
il mio sabato tra sole, oceano e bicicletta. Quel venerdì c’era una
degustazione di vini sul Rooftop a bordo piscina. Vini californiani, musica
lounge e personaggi bizzarri che alternavano discorsi seri a risate fragorose
tipiche di chi ha fatto una degustazione di troppo. Mi ritrovai a chiacchierare
con una coppia della zona che sponsorizzava il vino californiano come migliore
al mondo. Ora, glielo dite voi a questi due simpaticoni che io provengo dalla
terra del Greco e del Taurasi? Cioè è come dire a un napoletano quanto è buona
la pizza sugli Champs Elysee o a un romano che la coda alla vaccinara a Budapest è il meglio che possa esistere. Cioè, tanto di cappello alla Napa Valley, ma stiamo parlando di aria fritta! Poi feci amicizia con una ragazza fasciata in un mini-abito
di lycra e gli ugg al piede, la quale mi faceva i complimenti su quanto fossi
vestita bene (lo credo bene, anche la sottana e la ciabatta della nonna sono più
intonati del fazzoletto abbinato agli ugg con quel caldo!). Ma alla fine era davvero simpatica.
L’indomani mi svegliai alla buon ora; colazione con coppa di
yogurt, frutti di bosco e cereali in terrazza, un paio di ore di tintarella e
via di corsa sulla mia bicicletta. Porto sempre abiti comodi in viaggio (scarpe
da ginnastica in primis), perché è facile che mi venga per la testa di fare
esperienze di questo tipo.
Anche le piste ciclabili in California sono grosse e
sono anche molto lunghe; attraversano tutti i paesi costieri e sono parallele a
piste per fare jogging e alla spiaggia. Inoltre è facile trovare aree adibite a
palestre-all’aperto. Ora capisco perché in quella parte del mondo sono tutti
palestrati! Memorabile fu il primo incontro col bagnino Baywatch: era uguale a Mitch,
pensavo davvero che fosse lui! Gli corsi in contro poi rinsavì quando ricordai
che il vero Mitch doveva essere più che
pensionato e magari a stento si reggeva in piedi.
Percorsi due paesi in
bicicletta, mi fermai a vedere i mercatini, comprai qualche souvenir e tornai
in hotel super affamata. Nel pomeriggio fui di passaggio a Beverly Hills,
cercai invano di scorgere il Peach Pit,
il famoso locale ritrovo di Brandon, Dylan & Co. e poi, dato il delirio
causato dagli imminenti Oscar, mi diressi a Merlose in un posto fantastico dove fare shopping all'aperto di nome The Grove.
Cinque anni fa non esistevano posti simili in Italia, adesso già l’Outlet La Reggia sito alle porte di Napoli vi
somiglia tantissimo. Solo che al The Grove ci sono cinema, teatri, ristoranti
di varie etnie. Diciamo che gli outlet nostrani non sono anche così culture-friendly.
Svaligiati Abercrombie e Michael Kors (c’erano dei saldi
allucinanti!) mi diressi nuovamente a Manhattan Beach, perchè intorno a
LA cominciarono a chiudere tutte le strade per gli Oscar. A sera ero più morta
che viva dalla stanchezza per cui andai a cenare in un ristorante messicano in
zona, tra l’altro molto buono e poi di corsa a letto.
L’indomani dovetti concentrarmi sui bagagli: tra lo shopping di
Merlose e le cavolate acquistate a Las Vegas, la mia valigia aveva seri
problemi di peso. Pranzai a Santa Monica, percorsi tutta la Third Street
Promenade (famosa per lo shopping e per gli artisti di strada) e piano piano mi
diressi verso il LAX.
Dopo quell'esperienza ho ringraziato tanto i telefilm che hanno accompagnato la mia
adolescenza per avermi avviata all’universo della West Coast, ma devo
ammettere che questi ponevano in risalto sopratutto l’aspetto sfavillante, trendy e
lussuoso della vita californiana. Frivolezze, abitudinarietà e fissazioni
superflue erano ampiamente tralasciate. Ma questa è un’altra storia che, se
vorrete, vi racconterò dopo.
Per ora Bye bye LA!
Io per ora ho visitato solo la East Coast, con Miami e Orlando. La Florida è davvero fantastica, la terra del sole, già, ma ho dovuto sfatare molti dei miti che girano da noi. Lusso sfrenato, perversione, ragazze in topless.. beh ho visto ben poco di tutto ciò. Adesso provo un'irrefrenabile voglia di andare anche dall'altra parte, la West Coast,e poter guardare con i miei occhi se la realtà corrisponde a quanto si dice nei telefilm.
RispondiEliminaUn abbraccio, Manuela
http://pensierinviaggioo.blogspot.it
Carissima Manuela, anche io ho una gran desiderio di visitare la Florida e riempirmi gli occhi del suo meraviglioso sole! Le tue parole mi stanno convincendo a farlo molto presto... Grazie e in bocca al lupo per il tuo sogno della West Coast ;)
Elimina