sabato 25 maggio 2013

Hola Mexico! (II parte)


Per tutto questo tempo ho pensato che Gigi D’Alessio scrivesse solo fandonie nei testi delle sue canzoni, invece devo riconoscere che ha ragione e che possiede ottime doti di chiaroveggenza: se andiamo di questo passo, le domeniche d’agosto saranno davvero piene di neve!
Ma dico, avete visto che tempaccio? Non mi mette per niente di buon umore, infatti ho twittato che la mia zingaraggine da meteoropatica è arrivata all'apice quando ieri mattina, aprendo la finestra e scrutando i nuvoloni, ho indossato tutti gli indumenti fluo che esistono nel mio armadio. Una primavera di Botticelli al neon, un’insalata di evidenziatori per dare un po’ di colore a questo grigiore.
Ma non voglio pensarci, no, no. Non voglio pensare che al matrimonio di oggi avrò delle scarpe (costosissime) aperte, un tubino che poco mi coprirà dalle intemperie e un potenziale raffreddore che mi metterà KO quando ormai sarà tornata l’estate e ci saranno 40 gradi. Non voglio pensarci. Pensiamo al Messico e alla seconda parte del mio viaggio (“Che è meglio!” Come direbbe Quattrocchi).

Cobà - gioco di palla

Cobà - piramide di Nohoch Mul (prima della scalata)



Cobà - piramide di Nohoch Mul (dopo la scalata)
Il quarto giorno iniziarono le visite storico-culturali: visitammo Cobà, a 40 KM da Playa del Carmen, un vero  e proprio sito archeologico comprendente diverse piramidi, la più grande delle quali si chiama Nohoch Mul ed è alta 42 metri. Qui è possibile capire molte cose della civiltà Maya e se si è fortunati è possibile beccare la guida messicana più divertente di sempre: il suo nome è Elia, parla perfettamente inglese ed italiano e con il suo spirito stravagante e talvolta ammiccante (chiedete alle ragazze Californiane presenti) regala una lezione di storia diversa dal comune. In quell’occasione fummo ospitati da una piccola comunità Maya della zona (li riconoscerei lontano un miglio perché sono più bassi di mia sorella di 10 anni), che ci preparò cibi tradizionali dell’epoca e ci portò in una piantagione di Agave Azul, la pianta dalla quale si ricava l’estratto principale per la tequila. 






Benedizione Maya prima dell'immersione nel cenote

Con un’adeguata attrezzatura ci immergemmo anche in un piccolo cenote, ossia un’apparente laghetto circolare che si rivela essere un fiume sotterraneo che sfocia direttamente nell’Oceano Atlantico. Questi luoghi erano considerati sacri per le popolazioni Maya e facevano da sfondo ad importanti cerimonie religiose.  Essere calati in un pozzo profondo kilometri e kilometri è un’esperienza davvero suggestiva ed adrenalinica (mi sentivo Ethan Hunt di Mission Impossible appesa a quel filo). Ma il giorno successivo, sulla strada per Chichén Itzá, visitammo Ik Kil Cenote – comunemente definito Gran Cenote – una meraviglia della natura: acqua fredde, cascate cristalline, pesci colorati e spettacolo di uccelli selvatici.
Poi finalmente arrivammo a Chichén Itzá, un importante complesso archeologico patrimonio dell’UNESCO, inserito tra le 7 meraviglie del mondo, famoso per la più imponente piramide a gradoni dell’epoca precolombiana, la piramide di Kukhulkan.




Una figata. Immaginate me e Cary Grant di fronte ad una delle 7 meraviglie del mondo… Non bastavano parole, non bastavano fotografie e l’afa, il caldo di quella giornata risultò essere sopportabile tanto era forte il desiderio di scoprire ogni angolo di quel misterioso mondo antico.
Pensate che ad ogni equinozio di primavera e autunno, al calar e al sorgere del sole, gli angoli della piramide proiettano un’ombra a forma di serpente, Kukhulkan appunto. Dovete sapere che, contrariamente all’iconografia cristiana, il serpente piumato era un animale sacro per i Maya, per questo motivo i colonizzatori spagnoli, alla vista di quelle raffigurazioni di serpenti, rasero al suolo intere città, pensando di essere giunti nella valle del demonio. Brutta storia.
Un altro aneddoto che imparammo in quell’occasione riguardava il famoso 21/12/2012: i Maya non hanno predetto la fine del mondo, bensì la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. C’è tutta una storia dietro, solo che è lunga da spiegare, fatto sta che io e Cary per tutto questo tempo non abbiamo avuto l’ansia di non veder sorgere il sole il  22 dicembre.
Ma ci sono tante altre cose da sapere su questo sito archeologico e sui Maya, per questo vi consiglio di comprare una bella lonely planet o di leggere qualcosa in merito prima di partire.
Vi lascio con qualche foto e vi do appuntamento alla prossima parte del viaggio!

Luce del sole filtrante durante gli equinozi

Incisioni di teschi

Gioco di palla di Chichén Itza

Hasta pronto!

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