Sono sveglia da più di nove ore e
non ho ancora preso una tazzina di caffè.
Un record!
Eppure sono ancora in piedi, in connessione col mondo, riesco a
ricordare ancora il mio nome e l’ultima volta che sono andata dal parrucchiere.
Sono viva! Non sono stata ancora sopraffatta dalla potenza annientatrice di una
giornata senza caffè!
Di solito a quest’ora ne ho già ingurgitati
quattro o cinque, ma oggi proprio non ne voglio sapere di prendere la moca, riempirla d’acqua, farci
scivolare svariate cucchiaiate di macinato, chiudere e mettere il tutto sul
fornello. Eppure (da tipica campana, se volete napoletana o comunque terrona
quale sono) il caffè è una tappa obbligatoria della mia quotidianità , un rito propiziatorio
immancabile, qualcosa di sacro come la domenica a messa, la pizza con la
mozzarella, il casatiello a Pasqua e il ragù che cuoce dalle 5 del mattino.
Nel corso degli anni ho scoperto
che la pausa caffè non è un qualcosa che accomuna soltanto noi italiani (o
meglio Noi-Del-Sud) ma anche gli americani, i brasiliani, gli orientali… Certo,
ognuno lo beve a modo suo: gli americani chiamano caffè quell’intruglio simil-brodo
color testa di moro erogato da Starbucks e trovano troppo forte quello
ristretto napoletano. Ma qui viene il bello: avreste mai pensato che un animaletto
a metà tra il procione e lo scoiattolo potesse defecare il caffè più costoso al
mondo? Avete sentito bene, ho detto proprio de-fe-ca-re.
Due anni fa, durante un bellissimo
viaggio in Indonesia, io e il mio Cary Grant abbiamo visitato un luogo dove si
coltivavano diversi tipi di spezie, arachidi, frutti tropicali e dove si
produceva/allevava il Kopi Luwak. Questo
nome deriva dal composto Kopi, che in
indonesiano significa caffè, e Luwak
che è il nome di questa specie di marmotta con la cagarella. Questo animaletto,
che normalmente si nutre di insetti, piccoli roditori, nidi di uccelli e uova,
ingurgita anche delle bacche da caffè, le quali però non riescono ad essere digerite
dall’organismo del roditore, per cui vengono espulse attraverso le feci. La
particolarità è che gli enzimi del Luwak riescono a rompere solo la parte
superiore del guscio, eliminando il retrogusto amaro e conferendo quel tipico
sapore dolce che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Che storia eh?
Facendo una breve googolata ho
scoperto che la quotazione attuale di Kopi Luwak è pari a 133 dollari all’etto e
che berne una tazza in Australia costa fino a 48 dollari.
Io e Cary Grant abbiamo fatto un
breve assaggio di tutti i vari caffè prodotti sull’isola di Bali e devo dire
che il Kopi Luwak non era per niente male.
Però devo essere sincera, il caffè di casa mia resta sempre il mio
preferito. Anzi, a furia di parlarne, mi è venuta troppa voglia: è giunto
proprio il momento di prepararmene una bella tazzulella.
Vi auguro un buon
pomeriggio ;)
Ahahah che bel post!Sono anche io una drogata di caffè, e solitamente in vacanza faccio fatica a trovarne uno buono quanto il mio (quello nostro meridionale!!!!) :)
RispondiEliminaTi seguo con piacere!
Un abbraccio
Manuela
http://pensierinviaggioo.blogspot.it
Carissima Manuela! E' un piacere sapere che non sono l'unica pazza di caffè! Ahahah grazie per il commento e grazie per seguire The Little Luggage!
EliminaC'è anche la pagina Twitter se fossi interessata! @A_THELittleL
Un abbraccio e buon inizio settimana!
TLL